SOCIALISMO CONTRATTUALE .

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Una nuova forma politica
IL SOCIALISMO CONTRATTUALE
   A Zurigo, agli inizi del secolo i protestanti avevano completamente emarginato i cattolici. Questi ultimi si organizzarono. Attraversarono persino la città da un capo all'altro pur di acquistare ogni cosa (anche "un solo spillo") in un negozio appartenente ad un cattolico. Ogni lavoro, piccolo o grande, venne affidato a persone appartenenti alla stessa religione. E, così, i cattolici riuscirono a sopravvivere ed, addirittura, ad affermarsi, diventando oggi la maggioranza a Zurigo. In origine non c'era nessuna chiesa cattolica nella città svizzera. Ma solo alla fine degli anni quaranta ne esistevano venti. Tutte chiese fatte con la cooperazione dei fedeli. Ciascuno portava quel che poteva. Anche una manciata di chiodi. O un sacco di cemento. Questo episodio rappresenta un tipico esempio di "socialismo contrattuale naturale". E cioè, un socialismo che prescinde dalla definizione politica. Un socialismo che si afferma con gli accordi spontanei.
   Il socialismo contrattuale "naturale" è attuato anche ora, nel nostro Paese. Esiste cioè un vincolo contrattuale tra una parte di imprenditori, sindacati, partiti, clero, caratterizzato da una forma di "vicinanza" e di "cogestione" del potere. Non si tratta però di un potere ufficiale. Per questo potremmo chiamarlo "socialismo contrattuale naturale", perché si realizza con il vincolo culturale, anzichè con il vincolo legislativo. Attenzione. "Naturale" non significa irregolare o illegittimo. Anzi, si tratta di una forma di coalizione culturale (e di una confluenza di interessi concreti) perfettamente legittima.
   La legge è invece una forma di "socialismo contrattuale ufficiale". Ed è proprio questo lo strumento che ci consente di ottenere l'ordine. Il problema è che la quantità di ordine da ottenere aumenta sempre. Occorre dominare gli squilibri economici, i conflitti etnici, le immigrazioni di massa, la povertà , la fame. I quali sono tutti elementi di disordine. Per risolverli, occorre riscoprire nuovamente il metodo con cui nasce la legge: il socialismo contrattuale, appunto. Qualcuno confonde la "legge", con il "contratto sociale" (che è un modo di dire: "socialismo contrattuale"). In realtà, la legge è il "risultato" del contratto sociale, mentre il socialismo contrattuale è il "metodo": la fonte da cui deriva l'ordine e il benessere.
   Come si è detto, la quantità di ordine da ottenere aumenta sempre. Di conseguenza, per migliorare ulteriormente, occorre ora l'opera di chi è specializzato "nel contrarre". Ossia degli imprenditori. Solo da loro possiamo imparare "il socialismo contrattuale" più autentico. Infatti, le imprese in generale e, soprattutto, le imprese multinazionali sono simili a "stati multietnici", ossia ad entità che hanno saputo creare un certo "ordine sociale" (flusso di merci, cooperazione, soddisfazione dei destinatari, fedeltà di acquisto, e tantissime altre forme di ordine economico spontaneo), senza disporre di alcun potere coercitivo. Ma utilizzando solo - e per l'appunto - il socialismo contrattuale naturale.
   Gli stati dovrebbero imitare le imprese. "Copiandone i metodi". In pratica, da un socialismo "imposto", occorrerebbe passare ad un socialismo "contrattuale". E da una solidarietà obbligatoria (e subita), occorrerebbe passare ad una "solidarietà attiva". La quale è molto simile al lavoro dell'impresa. Si tratta infatti di organizzare, gestire e coalizzare tra loro le forze (beni, aziende, enti e persone) in modo tale che questa riunione dia un risultato superiore a quello che si potrebbe ottenere singolarmente e separatamente da ciascuna di esse. E ciò, in modo esattamente parallelo a quanto avviene nell'impresa (che è appunto riunione di "natura", "capitale" e "lavoro").
   Qualcuno potrebbe gridare allo scandalo, parlando di interventismo e di statalismo. Oppure di economia guidata o drogata. In realtà, gli squilibri mondiali ci dicono che bisogna intervenire. Anche la legge è in fondo una forma di statalismo. Nel momento stesso in cui noi la accettiamo, è evidente che riteniamo giusto, in una certa misura, una forma di statalismo. Il problema è che la legge deve guidare, senza "ingessare". La legge deve proteggere anziché opprimere. E, per far questo, occorre una nuova capacità di intervento, con sistemi diversi dalla pura imposizione. Perché la legge si è dimostrata impotente di fronte a tantissimi fenomeni. E anche perché tutto ciò che è privo di tutela tende ad estinguersi. Così sta accadendo ora per il senso morale in genere. La mancanza di provvedimenti adeguati ha creato una forma di decadenza e ha contribuito al nascere di tante diffusissime eresie: dai maghi, alle chiromanti, alle sette religiose che portano i loro adepti addirittura al suicidio di massa.
   Lasciare la nostra società senza interventi specifici di socialismo contrattuale, rispetto ai valori che vorremmo tutelare, significa essere in balia del caso. In pratica, la società dei consumi e i disordini sociali, come la povertà oppure come il calo delle nascite (che si rileva in Italia), vanno contrastati proprio con il socialismo contrattuale. Occorrerebbe che le entità non commerciali (come lo Stato e gli enti pubblici) usassero i metodi di promozione, simili a quelli utilizzati dalle imprese. Finora abbiamo pensato di far crescere la società, ricorrendo solo alle regole, agli obblighi e alle sanzioni. Ma il lavoro è incompleto.
   Abbiamo chilometri quadrati di leggi. Molte delle quali ignote o inapplicate. Al contrario, i grandissimi problemi che si affacciano negli anni 2000 hanno proprio bisogno di una disciplina simile a quella che abbiamo definito "socialismo contrattuale". Ma il nome conta poco. Quello che ci interessa consiste nell'usare un metodo che sappia veramente raggiungere il successo. (a.n.)

 


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